[03] Competenze digitali e robotica educativa
Un episodio dedicato alle competenze digitali nel contesto educativo, esplorando il framework DigComp e la robotica educativa. Analizziamo come questi strumenti, secondo Elvis Mazzoni nel libro "Didattica delle New Literacy", aiutino a preparare studenti e docenti alle sfide della società digitale.
Chapter 1
Dalle competenze digitali alla robotica educativa
Sandra Catellani
Ciao a tutti e bentornati a “Didattica delle New Literacies”! Io sono Sandra Catellani, e come sempre qui con me c’è Valentino Curreri. Oggi ci addentriamo nel secondo capitolo del libro “Didattica delle New Literacies”, curato da Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli, pubblicato da Mondadori Università. Valentino, oggi parliamo di un tema che mi sta particolarmente a cuore: le competenze digitali e la robotica educativa, grazie al contributo di Elvis Mazzoni.
Valentino Curreri
Ciao Sandra, ciao a tutti! Sì, oggi ci concentriamo proprio sul capitolo scritto da Mazzoni, che offre una panoramica davvero interessante su come le competenze digitali siano diventate centrali nella scuola di oggi. E, lasciamelo dire, la robotica educativa è uno di quei temi che, almeno per me, accendono subito la curiosità.
Sandra Catellani
Assolutamente! Tra l’altro, ho scoperto questo libro proprio durante una conferenza sulle tecnologie nella didattica. Ricordo che mi sono imbattuta in una tavola rotonda dove si parlava di come la robotica possa essere un ponte tra teoria e pratica. Da lì, ho iniziato a seguire i lavori di Rivoltella, Panciroli e, ovviamente, Mazzoni. E oggi, finalmente, possiamo condividere queste riflessioni con chi ci ascolta.
Valentino Curreri
Ecco, questa è la magia della divulgazione: portare in classe, e anche fuori, idee che nascono nei libri e nelle conferenze. Allora, Sandra, partiamo dalle basi: quali sono le competenze che servono davvero nel XXI secolo?
Chapter 2
Le competenze per il XXI secolo
Sandra Catellani
Allora, il capitolo di Mazzoni parte proprio da qui: hard skills, soft skills, life skills e competenze trasversali. In pratica, non basta più saper fare bene una cosa tecnica, serve anche saper comunicare, collaborare, risolvere problemi, essere creativi. E questa visione è ormai condivisa a livello europeo, come ci ricordano sia il World Economic Forum con le 21st-century skills, sia le raccomandazioni dell’Unione Europea.
Valentino Curreri
Sì, e se ci pensi, già negli anni Novanta l’OMS parlava di life skills, cioè quelle competenze emotive, relazionali e cognitive che servono per vivere e lavorare bene. Poi, nel 2015, il World Economic Forum ha messo nero su bianco che, oltre alle competenze tecniche, servono anche pensiero critico, creatività, comunicazione, collaborazione... tutte cose che, diciamolo, a scuola non sempre sono state al centro.
Sandra Catellani
No, infatti. E l’Unione Europea ha chiesto agli Stati membri di inserire queste abilità nei percorsi scolastici. In Italia, c’è stato anche un disegno di legge per sperimentare lo sviluppo delle competenze non cognitive, anche se, a essere sinceri, non è che sia tutto chiarissimo su quali competenze puntare davvero.
Valentino Curreri
E qui ti faccio una domanda, Sandra: secondo te, la scuola italiana si sta davvero adattando a queste nuove esigenze? Perché, almeno dalla mia esperienza, vedo ancora tanta fatica a uscire dal modello tradizionale.
Sandra Catellani
Guarda, secondo me c’è tanta buona volontà, ma anche tanta confusione. C’è chi sperimenta, chi si aggiorna, ma spesso mancano strumenti concreti e formazione continua. E qui entra in gioco il DigComp, che dà una struttura chiara alle competenze digitali. Ma ci arriviamo tra poco!
Chapter 3
DigComp 2.2 e le cinque aree chiave
Valentino Curreri
Esatto, il DigComp 2.2, aggiornato nel 2022, è il framework europeo che definisce le competenze digitali fondamentali. Sono cinque le aree chiave: alfabetizzazione su informazioni e dati, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza e risoluzione di problemi. È un modello che aiuta a capire dove siamo e dove dobbiamo andare, sia come studenti che come docenti.
Sandra Catellani
E qui mi viene in mente un esempio pratico: la gestione delle informazioni online. Saper distinguere una fonte affidabile da una fake news è una competenza che rientra proprio nella prima area del DigComp. Ma anche la collaborazione online, la creazione di contenuti, la sicurezza digitale... sono tutte cose che ormai fanno parte della vita quotidiana, non solo scolastica.
Valentino Curreri
Sai, Sandra, mi ricordo un workshop universitario in cui abbiamo provato ad applicare il DigComp con gli studenti. All’inizio sembrava tutto molto teorico, ma poi, lavorando su casi concreti, tipo la gestione di un progetto digitale in gruppo, sono emerse tutte le difficoltà e le potenzialità di queste competenze. E, devo dire, anche qualche resistenza al cambiamento!
Sandra Catellani
Eh, la resistenza al cambiamento è un classico! Però, come abbiamo visto anche nella scorsa puntata, la multidisciplinarità e la capacità di adattarsi sono fondamentali. E il DigComp, secondo me, aiuta proprio a rendere visibili queste competenze, a farle diventare parte integrante della didattica.
Chapter 4
DigCompEdu: le competenze digitali dei docenti
Valentino Curreri
E qui entra in gioco il DigCompEdu, che è il framework pensato apposta per gli insegnanti. L’obiettivo è fornire una guida per sviluppare le competenze digitali specifiche della professione docente, dalla scuola primaria fino all’università e alla formazione degli adulti.
Sandra Catellani
Sì, e tra le competenze più importanti ci sono il pensiero critico, il problem solving e la creatività. Non basta saper usare una piattaforma digitale, bisogna anche saperla integrare in modo efficace nella didattica, stimolare la partecipazione, risolvere problemi complessi, inventare nuove strategie.
Valentino Curreri
Però, diciamolo, non è facile per tutti i docenti acquisire queste competenze. C’è chi si sente spaesato, chi ha paura di sbagliare, chi magari non ha mai avuto una formazione specifica. Secondo te, Sandra, quali sono le difficoltà principali?
Sandra Catellani
Guarda, secondo me la difficoltà più grande è proprio la mancanza di formazione continua e di supporto pratico. Spesso i docenti si trovano da soli a dover sperimentare, senza una rete di confronto. E poi c’è anche la questione del tempo: tra programmi, burocrazia e classi numerose, trovare spazio per innovare non è semplice.
Valentino Curreri
Sono d’accordo. Eppure, come ci ricorda anche Mazzoni, investire sulle competenze digitali dei docenti è fondamentale per preparare gli studenti alle sfide della società digitale. E qui entra in gioco anche il Digital Education Action Plan dell’Unione Europea.
Chapter 5
Il Digital Education Action Plan e la pandemia
Sandra Catellani
Esatto, il Digital Education Action Plan, adottato nel 2020, è la risposta dell’UE alla trasformazione digitale accelerata dalla pandemia. L’obiettivo è promuovere un’istruzione digitale di alta qualità, inclusiva e accessibile. Ma la realtà, come spesso accade, è più complessa: meno del 40% degli insegnanti si sente davvero preparato a usare le tecnologie digitali in classe. E le differenze tra i vari paesi europei sono ancora molto forti.
Valentino Curreri
Sì, e la pandemia ha messo in luce tutte le fragilità del sistema. Ricordo che durante il lockdown molti docenti si sono trovati a dover reinventare la didattica da un giorno all’altro, spesso senza strumenti adeguati. Tu, Sandra, hai raccolto qualche testimonianza diretta, vero?
Sandra Catellani
Sì, ho intervistato una docente di scuola primaria che mi ha raccontato come, all’inizio, si sentisse completamente persa. Poi, grazie a un gruppo di colleghi e a qualche corso online, è riuscita a sperimentare nuove strategie: lezioni in video, attività collaborative, piccoli progetti di coding con i bambini. Non è stato facile, ma alla fine ha scoperto che anche i più piccoli possono imparare a usare la tecnologia in modo creativo e consapevole.
Valentino Curreri
Ecco, queste esperienze dimostrano che, con il giusto supporto, è possibile trasformare una difficoltà in un’opportunità. E la robotica educativa, di cui parla Mazzoni, è proprio uno degli strumenti più interessanti in questa direzione.
Chapter 6
Robotica educativa: teorie e approcci
Valentino Curreri
La robotica educativa nasce dall’incontro tra psicologia e tecnologia. Già Piaget e Papert, con il loro approccio costruttivista, hanno sottolineato l’importanza di imparare facendo, costruendo artefatti concreti. Papert, in particolare, vedeva nei robot uno strumento per stimolare la creatività e la motivazione all’apprendimento.
Sandra Catellani
Sì, e qui si distinguono due approcci: learning about robots, cioè imparare a programmare e controllare i robot, e learning with robots, dove i robot diventano partner attivi nell’apprendimento di diverse materie, non solo quelle tecniche. Ad esempio, si possono usare robot per insegnare l’inglese o per risolvere problemi di orientamento spaziale, come il wayfinding.
Valentino Curreri
E secondo te, Sandra, quali materie beneficiano di più della robotica educativa? Io penso subito alle STEM, ma forse c’è di più...
Sandra Catellani
Sicuramente le STEM, ma anche le lingue, l’educazione civica, la logica, la creatività. In realtà, la robotica può essere un ponte tra discipline diverse, proprio perché stimola il problem solving, la collaborazione e la riflessione. E, come ci dicono le ricerche citate da Mazzoni, anche i bambini più piccoli possono trarre beneficio da queste attività, sia in termini di competenze tecniche che trasversali.
Valentino Curreri
E poi, lavorare con i robot aiuta anche a superare la paura dell’errore: sbagliare, riprovare, trovare soluzioni alternative... è tutto parte del processo di apprendimento.
Chapter 7
Integrare la robotica a scuola: consigli pratici
Sandra Catellani
E qui arriviamo ai suggerimenti pratici di Elvis Mazzoni per gli insegnanti. Prima di tutto, identificare le competenze chiave da sviluppare, magari usando proprio le cinque aree del DigComp come riferimento. Poi, progettare attività inclusive, scegliendo robot e strumenti di coding adatti a tutti i livelli e favorendo il lavoro di gruppo.
Valentino Curreri
Sì, e non dimentichiamo la formazione continua: partecipare a workshop, creare reti di collaborazione tra docenti, condividere risorse ed esperienze. Anche la valutazione è importante: usare griglie di osservazione, coinvolgere gli studenti nella riflessione sui loro progressi, capire cosa funziona e cosa si può migliorare.
Sandra Catellani
Un esempio concreto? Progettare e programmare un robot per superare un percorso a ostacoli, oppure simulare una situazione reale con un robot umanoide per migliorare la comprensione della lingua inglese. L’importante è che l’attività sia significativa e accessibile a tutti.
Valentino Curreri
E, come ci ricorda Mazzoni, la robotica educativa è un ponte tra presente e futuro: aiuta a sviluppare competenze digitali, ma anche a rendere la scuola più inclusiva, stimolante e vicina alla realtà dei ragazzi. Un grazie, quindi, a Elvis Mazzoni per il suo capitolo, e ai curatori Rivoltella e Panciroli per averci dato questa preziosa occasione di riflessione.
Sandra Catellani
E con questo, chiudiamo l’episodio di oggi. Grazie a tutti per averci seguito! Continuate a seguirci perché nel prossimo episodio esploreremo altri aspetti delle New Literacies. Valentino, come sempre, è stato un piacere chiacchierare con te.
Valentino Curreri
Il piacere è tutto mio, Sandra. Un saluto a te e a chi ci ascolta. Alla prossima!
Sandra Catellani
Ciao a tutti!
