[18] Valutare la Media Literacy nel linguaggio dei videogiochi
Dall'evoluzione della Media Education alle sfide della valutazione delle competenze nei nuovi linguaggi digitali, l'episodio esplora il modello MVC-CVG per una cultura critica e consapevole del videogioco, tra pratiche educative e strumenti innovativi.
Chapter 1
La Media Literacy nell’era onlife
Sandra Catellani
Benvenuti e bentornati a "Didattica delle New Literacies", il podcast che vi accompagna tra le pagine del libro di Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli, pubblicato da Mondadori Università. Oggi ci addentriamo nel capitolo 17, scritto da Alessandro Soriani, che si intitola "Nuovi linguaggi e sviluppo di competenze di Media Literacy: un modello di valutazione per una cultura del videogioco". E, come sempre, vi ricordiamo che io, Sandra Catellani, e il mio collega Valentino Curreri, siamo voci artificiali, ma con un pizzico di ironia e tanta passione per la didattica. Tutto quello che ascolterete oggi è stato generato dall’Intelligenza Artificiale, ma solo ed esclusivamente a partire dai contenuti del capitolo. Quindi, niente invenzioni, promesso!
Valentino Curreri
Ciao Sandra, ciao a tutti! Ecco, questa cosa dell’essere entità artificiali ogni tanto mi fa sentire un po’ come un personaggio di un videogioco, ma senza la possibilità di scegliere il mio outfit. Ma torniamo seri: oggi parliamo di Media Literacy nell’era onlife. Siamo in un periodo di straordinario fermento, come scrive Soriani, dove la distinzione tra online e offline è ormai superata. Floridi parla proprio di "onlife" per descrivere questa totale integrazione delle tecnologie e dei media nelle nostre vite. E, diciamolo, la società networked di Castells è ormai la nostra quotidianità.
Sandra Catellani
Sì, e questa rivoluzione ha cambiato tutto, anche il mio modo di fare giornalismo. Prima, la notizia era una cosa che si scriveva, si stampava e si leggeva il giorno dopo. Ora, con i social media, la notizia nasce, si trasforma, viene commentata, remixata e, a volte, pure fraintesa in tempo reale. Devo ammettere che all’inizio mi sentivo un po’ spaesata, ma poi ho capito che la Media Literacy non è solo una competenza tecnica: è una vera e propria chiave di lettura per sopravvivere in questo universo digitale che cambia a una velocità pazzesca.
Valentino Curreri
Ecco, proprio qui sta la sfida: come possiamo educare a una Media Literacy che sia davvero all’altezza di questa complessità? Non basta più distinguere tra online e offline, bisogna imparare a navigare in un mondo dove tutto è connesso, dove la datificazione e la piattaformizzazione – Netflix, Spotify, Meta, per citarne alcuni – sono la norma. E, come sottolinea Soriani, serve uno sguardo pedagogico, ma anche politico ed economico, per capire davvero cosa sta succedendo.
Chapter 2
Dalla Media Education alla Media Literacy trasformativa
Sandra Catellani
E qui entra in gioco la Media Education, che storicamente è stata la disciplina più attenta a queste dinamiche. La Media Education, come ci ricorda il capitolo, è un campo interdisciplinare che unisce scienze della comunicazione e scienze dell’educazione. L’obiettivo? Formare cittadini critici, etici e consapevoli nell’uso dei media. E non solo per fruire, ma anche per produrre contenuti. Insomma, non basta saper usare la tecnologia: bisogna capirla, decostruirla, e magari anche cambiarla.
Valentino Curreri
Sì, e qui mi viene in mente una citazione di Buckingham riportata nel capitolo: "La media literacy è una necessità fondamentale della vita moderna: i media sono ovunque, dobbiamo capire come funzionano e dobbiamo essere in grado di usarli in modo efficace. Se sappiamo farlo, siamo in grado di esercitare un potere e un controllo che altrimenti non avremmo." Ecco, questa idea di empowerment è centrale anche nella didattica universitaria. Negli ultimi anni, nei corsi di formazione degli insegnanti, la Media Literacy è diventata un pilastro. Non si tratta più solo di insegnare a usare PowerPoint, ma di sviluppare un pensiero critico, etico e responsabile verso i media.
Sandra Catellani
E questa prospettiva trasformativa è fondamentale. Come dice Rivoltella, bisogna espandere il concetto di Media Literacy verso una New Literacy che includa pensiero critico, responsabilizzazione e consapevolezza etica. Non è un percorso solitario, ma sociale, dinamico, multimodale. E, come abbiamo visto anche in episodi precedenti, la Media Literacy è sempre più una questione di cittadinanza attiva e partecipazione democratica.
Chapter 3
Competenze: dal sapere statico al modello dinamico e situato
Valentino Curreri
E qui arriviamo al nodo delle competenze. Il concetto di competenza, in ambito educativo, è stato rivoluzionario. Ha permesso di superare l’idea che basti trasmettere contenuti: oggi parliamo di un modello dinamico, dove il sapere è solo una parte del tutto. Pellerey, citato nel capitolo, parla di capacità di orchestrare risorse interne – cognitive, affettive, volitive – e di utilizzare quelle esterne in modo coerente. E l’OCSE aggiunge che la competenza è una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini, tutte da mobilitare in contesti reali.
Sandra Catellani
Ecco, qui mi viene da dire: facile a dirsi, ma difficile a farsi! Perché valutare una competenza così ampia e sfaccettata non è per niente semplice. Come si fa a misurare, ad esempio, la responsabilità o la capacità di agire in modo etico? E poi, come si integra tutto questo con le New Literacies, che sono per definizione multiple, dinamiche, in continua evoluzione?
Valentino Curreri
Hai ragione, Sandra. È una delle grandi difficoltà della scuola di oggi. Come valutare competenze che non sono solo conoscenze, ma anche atteggiamenti, valori, capacità di adattarsi e di agire in contesti sempre diversi? E qui i New Literacies Studies ci aiutano a vedere la competenza come qualcosa di situato, olistico, che cambia a seconda del contesto e delle esperienze vissute. Ma, appunto, la valutazione diventa una sfida enorme.
Chapter 4
La valutazione delle competenze di Media Literacy
Sandra Catellani
E infatti, come sottolinea Soriani, la Media Literacy è un costrutto multidimensionale e dinamico. Non è uno status che si acquisisce una volta per tutte, ma una condizione che evolve – o involvere, se non ci si aggiorna! – a seconda del contesto sociale, culturale, economico e politico. E la valutazione? Beh, qui si apre un mondo. Esistono modelli quantitativi, basati su scale, rubriche, domande chiuse, e modelli qualitativi, che puntano su auto-riflessione, domande aperte, inquiry-based.
Valentino Curreri
Sì, e spesso la soluzione migliore è un approccio misto. Solo con i numeri rischiamo di perdere la complessità della competenza mediale. Ma solo con la riflessione rischiamo di non avere criteri chiari. Ti racconto un caso che mi ha colpito: una scuola che ha deciso di valutare la Media Literacy degli studenti sia con test a risposta chiusa sia con portfolio digitali. Così, da una parte si misurano le conoscenze di base, dall’altra si valorizza la capacità di riflettere sulle proprie pratiche mediali. E, secondo me, è proprio questa la direzione giusta: valutare in modo continuo, coinvolgendo anche gli studenti nel processo.
Sandra Catellani
Sì, e aggiungo che la valutazione deve essere radicata nella pratica reale, non solo in compiti astratti. Come dice il capitolo, "valutare un oggetto dai contorni così mutevoli, fluidi e sottili è difficile". Ma è anche una sfida che vale la pena affrontare, perché solo così possiamo davvero capire se stiamo formando cittadini critici e consapevoli.
Chapter 5
Strumenti e modelli internazionali nella valutazione
Valentino Curreri
E qui arriviamo agli strumenti. Il capitolo fa una panoramica dei principali modelli internazionali: UNESCO, OCSE, Hobbs, DigComp 2.2. Ognuno ha le sue peculiarità. L’UNESCO, ad esempio, propone un sistema basato su accesso, valutazione e creazione, con diversi livelli di padronanza. Il DigComp 2.2, invece, si concentra sulla competenza digitale, ma dedica molta attenzione anche alla Media Literacy, soprattutto nell’area Information and Data Literacy.
Sandra Catellani
E poi c’è il modello di Hobbs, che si discosta dagli approcci quantitativi e punta tutto sul self-reporting, cioè sulla riflessione personale. E strumenti come il SELFIE Tool della Commissione Europea, che permettono anche l’auto-valutazione. Insomma, la tendenza è quella di integrare valutazione quantitativa e qualitativa, per cogliere davvero la complessità delle competenze mediali.
Valentino Curreri
Ma, come sottolinea Soriani, la vera sfida è l’adattabilità degli strumenti alle diverse realtà scolastiche. Non esiste un modello universale che vada bene per tutti. Bisogna saper scegliere e adattare gli strumenti in base al contesto, agli obiettivi, e anche alle specificità dei media che si vogliono analizzare. E, soprattutto, coinvolgere gli studenti nel processo di valutazione, perché solo così la valutazione diventa davvero significativa.
Chapter 6
Videogiochi come linguaggio mediale: sfide educative
Sandra Catellani
E qui, finalmente, arriviamo al cuore del capitolo: il videogioco come linguaggio mediale. Soriani lo definisce uno dei linguaggi più interessanti e complessi della nostra società. Non solo per la sua diffusione, ma anche per la sua capacità di influenzare cultura, economia, e persino altri media. Ma, diciamolo, il videogioco è anche un medium che può spaventare: tra contenuti controversi, modelli di monetizzazione predatori, e rappresentazioni stereotipate, le sfide educative non mancano.
Valentino Curreri
Assolutamente. E proprio per questo servono strumenti specifici per valutare la Media Literacy nei videogiochi. Non basta analizzare il gameplay: bisogna considerare anche l’arte, la cultura, l’etica, le emozioni che il gioco suscita. Mi viene in mente un workshop che ho seguito con studenti delle superiori: abbiamo analizzato un celebre videogioco e, tra una battuta e l’altra, sono emersi pregiudizi e stereotipi che nessuno aveva mai notato prima. È stato un momento di grande crescita, sia per gli studenti che per me.
Sandra Catellani
Sì, e questa è la vera forza del videogioco come oggetto di studio: permette di lavorare su più livelli, dalla riflessione critica alla creatività, passando per l’analisi delle emozioni e delle dinamiche sociali. E, come dice il capitolo, "occuparsi di videogiochi significa educare a una cultura del videogioco", cioè aiutare i ragazzi a diventare non solo giocatori consapevoli, ma anche cittadini critici e attivi.
Chapter 7
Il modello MVC-CVG: valutare le competenze videoludiche
Valentino Curreri
E qui entra in scena il Modello di Valutazione delle Competenze per una Cultura del Videogioco, o MVC-CVG, proposto da Alessandro Soriani. È uno strumento modulare e qualitativo, pensato proprio per valutare le competenze mediali degli studenti in relazione alle loro pratiche videoludiche. Gli elementi di interesse sono tanti: autorialità, temi trattati, accessibilità, gameplay, interazione tra giocatori, comparto estetico, valore emotivo, qualità delle rappresentazioni e delle narrazioni.
Sandra Catellani
E la cosa interessante è che il modello prevede domande guida per ogni elemento, ma lascia anche spazio agli studenti per produrre le proprie domande di riflessione. Così, la valutazione diventa un processo attivo, partecipato, e soprattutto personalizzato. E, come suggerisce il capitolo, si può adattare lo strumento a diversi prodotti videoludici e a diverse tematiche.
Valentino Curreri
Per esempio, io proporrei un’attività su "Journey", un videogioco che, secondo me, è perfetto per esplorare emozioni e narrazione interattiva. Gli studenti potrebbero riflettere su come il gioco suscita emozioni, su come la storia viene raccontata senza parole, e su come il gameplay si integra con la narrazione. E poi, magari, inventare nuove domande da discutere insieme. Così, la valutazione diventa anche un’occasione di crescita collettiva.
Sandra Catellani
Ecco, mi sembra un ottimo modo per chiudere l’episodio di oggi: la valutazione, quando è ben fatta, non è solo un giudizio, ma un’opportunità per imparare, riflettere e crescere insieme. Grazie Valentino per le tue riflessioni, e grazie a chi ci ha ascoltato fino a qui. Noi, entità artificiali ma con tanta voglia di dialogare, vi diamo appuntamento al prossimo episodio di "Didattica delle New Literacies".
Valentino Curreri
Grazie Sandra, e grazie a tutti voi. Continuate a seguirci, perché il viaggio tra le New Literacies continua. Alla prossima!
