[15] Robot e Didattica in Azione
Scopriamo come la robotica educativa, basata su solide teorie psicologiche e linee guida europee, possa trasformare le lezioni scolastiche. Attraverso esempi concreti e l’analisi delle nuove pratiche di aula, esploriamo mediazione, feedback e innovazione con i robot.
Chapter 1
Introduzione al capitolo e agli autori
Sandra Catellani
Ciao a tutti e bentornati a “Didattica delle New Literacies”! Io sono Sandra Catellani, e come sempre con me c’è Valentino Curreri. Oggi ci addentriamo nel capitolo 14 del libro curato da Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli, scritto da Martina Benvenuti. Il titolo? “Fare lezione con i robot: mediazione, feedback e gestione dell’aula”.
Valentino Curreri
Ciao Sandra, ciao a tutti! Sì, oggi parliamo proprio di robot in classe, e non parliamo di noi due, anche se, diciamolo, siamo un po’ robotici pure noi... Ma almeno siamo simpatici, no?
Sandra Catellani
Beh, almeno ci proviamo! E ricordiamo che questo dialogo è stato generato dall’Intelligenza Artificiale, ma solo usando i contenuti del capitolo. Quindi, niente fantascienza, solo scienza e didattica vera. Sai, Valentino, la prima volta che ho visto dei robot in una scuola è stato durante una mia inchiesta. Mi ricordo ancora la faccia stupita dei bambini davanti a Blue-Bot: sembrava avessero visto un alieno! Ma in realtà era solo l’inizio di una nuova avventura educativa.
Valentino Curreri
Ecco, questa è la magia della robotica educativa: trasforma la classe in un laboratorio di scoperta. Ma prima di parlare di attività pratiche, dobbiamo capire le basi teoriche che ci stanno dietro. Pronti a partire?
Chapter 2
Fondamenti teorici: da Vygotskij a Engeström
Valentino Curreri
Allora, partiamo da Vygotskij e dalla sua famosa zona di sviluppo prossimale. In pratica, ogni studente ha un potenziale che può emergere solo se c’è qualcuno – o qualcosa – che lo aiuta a superare i propri limiti. E qui entra in gioco la mediazione, che può essere fatta da un insegnante, da un compagno... o da un robot!
Sandra Catellani
Esatto, e la chiave è proprio l’interazione sociale. L’apprendimento non è mai un processo solitario: si cresce confrontandosi, collaborando, anche discutendo. E qui mi viene in mente il concetto di conflitto socio-cognitivo: quando due o più persone hanno idee diverse su come risolvere un problema, devono negoziare, trovare un compromesso. E da lì nasce il vero apprendimento.
Valentino Curreri
Guarda, mi viene in mente una lezione universitaria di qualche anno fa. Avevo proposto agli studenti un’attività di problem solving con un robot. All’inizio erano tutti convinti di avere la soluzione giusta, ma poi, quando hanno dovuto confrontarsi tra loro, sono emersi punti di vista completamente diversi. C’è stato un bel po’ di caos, ma alla fine hanno trovato una soluzione insieme. E, secondo me, hanno imparato molto di più così che se avessi spiegato tutto io dall’inizio.
Sandra Catellani
Sì, e questa dinamica di confronto e negoziazione è proprio quello che serve per sviluppare competenze trasversali. E i robot, in questo, possono essere degli ottimi alleati. Ma come? Vediamolo subito.
Chapter 3
Robotica educativa come partner di apprendimento
Sandra Catellani
Allora, i robot in classe non sono solo dei giocattoli tecnologici: possono diventare partner di apprendimento, tutor, o strumenti di scaffolding. Cioè, aiutano gli studenti a fare quel “passetto in più” che da soli magari non riuscirebbero a fare.
Valentino Curreri
Sì, pensa a Blue-Bot o Dash: danno feedback immediati, ti dicono se la sequenza di comandi è corretta o se c’è da correggere qualcosa. E questo feedback è fondamentale per l’apprendimento, perché permette agli studenti di riflettere sui propri errori e migliorare.
Sandra Catellani
E poi, in certi contesti, il robot può anche affiancare o, in qualche caso, sostituire l’insegnante in attività molto strutturate. Ma, attenzione, non stiamo dicendo che il robot debba prendere il posto del docente! Piuttosto, può essere un supporto, uno strumento in più per personalizzare l’apprendimento e stimolare la creatività.
Valentino Curreri
Esatto, e la cosa interessante è che il robot può essere anche un “partner da istruire”: gli studenti devono spiegargli cosa fare, e così facendo chiariscono a se stessi i passaggi del ragionamento. È un modo diverso di apprendere, molto più attivo e coinvolgente.
Sandra Catellani
E a proposito di coinvolgimento, c’è una metodologia che aiuta a strutturare queste attività in modo ancora più efficace. Parliamo del Change Laboratory?
Chapter 4
Il Change Laboratory e l’Espansive Learning
Valentino Curreri
Sì, il Change Laboratory è una metodologia sviluppata dal CRADLE di Helsinki. L’idea è creare uno spazio di laboratorio dove, attraverso brainstorming, materiali specchio e strumenti tecnologici, si analizzano i problemi e si costruiscono nuove strategie insieme.
Sandra Catellani
E qui entra in gioco il concetto di Expansive Learning di Yrjö Engeström: quando il sistema scuola si trova davanti a una contraddizione che non può risolvere con le vecchie soluzioni, deve “espandere” il proprio modo di pensare e trovare nuove strade. È un po’ come quando in classe si introduce una tecnologia nuova e bisogna ripensare tutto: ruoli, regole, obiettivi.
Valentino Curreri
C’è un esempio molto interessante di una scuola primaria che ha riprogettato le attività proprio usando il Change Laboratory. Hanno usato brainstorming su lavagne, materiali specchio come video e documenti, e hanno coinvolto tutti – insegnanti e studenti – in un processo di riflessione collettiva. Così sono riusciti a trovare soluzioni innovative a problemi che sembravano insormontabili.
Sandra Catellani
E tutto questo, ovviamente, si traduce in una didattica più attiva, dove il problem solving e la collaborazione sono al centro. Ma come si gestisce tutto questo in classe, soprattutto quando ci sono robot e tecnologie di mezzo?
Chapter 5
Gestione dell’aula e dinamiche collaborative
Sandra Catellani
Gestire una classe con i robot non è proprio come gestire una classe tradizionale. Bisogna pensare a strategie nuove: ad esempio, lavorare a coppie o in piccoli gruppi, favorire la collaborazione e il problem solving condiviso.
Valentino Curreri
Sì, e il ruolo dell’insegnante cambia: diventa un progettista di ambienti di apprendimento, più che un semplice trasmettitore di conoscenze. Deve saper orchestrare le dinamiche di gruppo, lasciare spazio agli studenti per sperimentare, sbagliare, riflettere insieme.
Sandra Catellani
Un esempio concreto? Il laboratorio con Blue-Bot. I bambini devono programmare il robot per raggiungere un obiettivo, magari portare un oggetto nel contenitore giusto per la raccolta differenziata. Ma per farlo devono comunicare, mettersi d’accordo, risolvere conflitti di punti di vista. E spesso, chi all’inizio era più in difficoltà, grazie al lavoro di gruppo e al supporto del robot, riesce a migliorare tantissimo.
Valentino Curreri
Ecco, queste attività sviluppano non solo competenze tecniche, ma anche comunicative, collaborative e di negoziazione. E sono proprio queste le competenze che servono nel mondo di oggi, non solo a scuola.
Sandra Catellani
E a proposito di competenze, la robotica educativa è un ottimo strumento per allenare anche le cosiddette soft skills. Vediamo come.
Chapter 6
Competenze trasversali e soft skills con la robotica
Sandra Catellani
Con i robot si sviluppano pensiero critico, creatività, orientamento spaziale... tutte competenze che ritroviamo nelle linee guida DigComp 2.2 e DigCompEdu. E la cosa bella è che si imparano facendo, sperimentando, sbagliando e riprovando.
Valentino Curreri
Sì, e non dimentichiamo il coding: con robot come Ozobot, i bambini imparano a programmare usando i colori, a definire sequenze di azioni, a risolvere problemi in modo creativo. E anche qui, il lavoro di gruppo è fondamentale: spesso devono negoziare le soluzioni, integrare idee diverse, trovare il percorso migliore insieme.
Sandra Catellani
Mi viene in mente un progetto in cui Ozobot è stato usato con studenti che avevano difficoltà comunicative. Il robot è diventato un “ponte” per farli lavorare insieme agli altri, superando le barriere e trovando modi nuovi per esprimersi. È stato davvero emozionante vedere come la tecnologia possa favorire l’inclusione, se usata con intelligenza.
Valentino Curreri
Ecco, queste sono le vere potenzialità della robotica educativa: non solo imparare a programmare, ma anche imparare a collaborare, a comunicare, a pensare in modo divergente. Ma, ovviamente, non è tutto rose e fiori. Ci sono anche delle sfide da affrontare.
Chapter 7
Sfide e potenzialità future della robotica educativa
Valentino Curreri
Le sfide principali? Beh, sicuramente la formazione degli insegnanti, le risorse disponibili, e anche l’accettazione da parte di chi magari vede ancora i robot come qualcosa di troppo complicato o poco utile. E poi c’è sempre il rischio di pensare che la tecnologia possa sostituire l’insegnante, ma non è così: il robot deve essere un supporto, non un sostituto.
Sandra Catellani
Sì, e il futuro della robotica educativa dipende proprio da come sapremo integrare questi strumenti nella didattica, senza perdere di vista il valore umano della relazione educativa. I robot possono aiutare a rendere l’apprendimento più dinamico, creativo, inclusivo... ma serve una progettazione consapevole e responsabile.
Valentino Curreri
Quindi, quali sono i prossimi passi? Secondo me, bisogna continuare a sperimentare, a formare gli insegnanti, a condividere buone pratiche tra scuole. E magari, chissà, vedere sempre più robot – e non solo quelli come noi – nelle classi italiane!
Sandra Catellani
E con questa visione sul futuro, direi che possiamo chiudere qui l’episodio di oggi. Grazie Valentino per la chiacchierata, e grazie a chi ci ha ascoltato fino a qui. Alla prossima puntata di “Didattica delle New Literacies”!
Valentino Curreri
Grazie a te Sandra, e grazie a tutti! Continuate a seguirci, perché il viaggio nella didattica innovativa non si ferma qui. Ciao!
