[14] Coding, Making e Tinkering in Classe
Un episodio dedicato al Capitolo 13 di Ylenia Battistini, che esplora come coding, making e tinkering possano trasformare la didattica secondo il paradigma costruzionista. Sandra Catellani e Valentino Curreri guidano l'ascoltatore tra strategie pratiche, esempi e ambienti innovativi per l'apprendimento attivo.
Chapter 1
Fondamenti del costruzionismo
Sandra Catellani
Ciao a tutti e bentornati a “Didattica delle New Literacies”! Io sono Sandra Catellani, e oggi, insieme a Valentino Curreri, vi accompagniamo in un episodio che, lo dico subito, mi entusiasma parecchio: parliamo di coding, making e tinkering in classe, prendendo spunto dal Capitolo 13 scritto da Ylenia Battistini del libro “Didattica delle New Literacies” curato da Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli, pubblicato da Mondadori Università. Valentino, sei pronto a pasticciare?
Valentino Curreri
Prontissimo, Sandra! E guarda, già il titolo del capitolo – “Progettare una lezione costruzionista: coding, making, tinkering” – dice tutto. Battistini parte proprio dalle teorie di Piaget e Papert, che sono un po’ i padri fondatori del costruzionismo. Papert, in particolare, sosteneva che impariamo meglio quando costruiamo qualcosa di concreto, che sia un oggetto fisico o un’idea. E qui il famoso esempio dei Lego non è solo una metafora, ma proprio un modo di pensare la conoscenza come qualcosa che si costruisce, pezzo dopo pezzo.
Sandra Catellani
Esatto, e il learning by doing, come sottolinea Battistini, è il cuore di tutto questo. L’apprendimento attivo, quello che passa dall’esperienza diretta, è molto più efficace di qualsiasi lezione frontale. Valentino, tu hai mai portato i Lego in classe?
Valentino Curreri
Oh sì, e ti confesso che la prima volta è stato un po’ un esperimento. Avevo una classe di prima media e dovevo spiegare la scomposizione dei numeri. Ho portato una scatola di Lego e ho chiesto ai ragazzi di costruire delle torri con un certo numero di mattoncini. Da lì, abbiamo iniziato a ragionare su come scomporre e ricomporre i numeri. È stato incredibile vedere come, toccando e manipolando, i concetti diventassero chiari. Papert aveva proprio ragione: la conoscenza si costruisce meglio quando si costruisce davvero qualcosa.
Sandra Catellani
E questa idea di “set da costruzioni” è proprio centrale nel capitolo. Il costruzionismo, come ci ricorda Battistini, non è solo una teoria, ma una pratica che trasforma la didattica. E oggi vedremo come coding, making e tinkering possono diventare strumenti potentissimi per portare questa filosofia in classe.
Chapter 2
Coding come strumento didattico
Valentino Curreri
Entriamo subito nel vivo con il coding. Battistini lo definisce come un vero e proprio linguaggio del pensiero computazionale. Non si tratta solo di insegnare a programmare, ma di sviluppare la capacità di risolvere problemi, progettare soluzioni, riflettere e analizzare. È una competenza di base, come leggere o scrivere.
Sandra Catellani
E qui entrano in gioco strumenti come Scratch e Snap!, che sono esempi perfetti di programmazione visuale a blocchi. Sono ambienti intuitivi, accessibili anche ai bambini, dove si possono creare storie, giochi, animazioni… e soprattutto, si impara a pensare in modo logico e creativo. Non serve essere informatici, basta la voglia di sperimentare.
Valentino Curreri
Sì, e il bello è che il coding, come dice il testo, non serve a formare programmatori, ma a offrire a tutti la possibilità di esplorare e rappresentare idee. Papert parlava di “micromondi”, cioè ambienti dove si può imparare sbagliando, provando, riprovando. E qui l’errore non è un ostacolo, ma una parte fondamentale del processo.
Sandra Catellani
Però, Valentino, diciamolo: introdurre il coding a scuola non è sempre una passeggiata. Quali sono, secondo te, gli ostacoli principali che incontrano gli insegnanti?
Valentino Curreri
Guarda, ce ne sono diversi. Il primo è sicuramente la paura di non essere abbastanza “tecnologici”. Molti docenti pensano di dover essere esperti di informatica, ma in realtà basta partire dalle basi e lasciarsi guidare dalla curiosità. Poi c’è la questione delle risorse: non tutte le scuole hanno laboratori attrezzati o computer per tutti. E infine, c’è la resistenza al cambiamento: passare da una didattica trasmissiva a una più attiva richiede tempo e formazione. Ma, come abbiamo visto anche in altri episodi, la fatica viene ripagata dall’entusiasmo degli studenti.
Sandra Catellani
Ecco, e qui il capitolo suggerisce proprio di partire in modo graduale, magari con attività di gruppo, giochi, storytelling… insomma, rendere il coding un’esperienza creativa e collaborativa, non una materia in più da studiare.
Chapter 3
Making e spazi di apprendimento
Sandra Catellani
Passiamo al making, che secondo Battistini è l’approccio multidisciplinare per eccellenza. Il movimento maker nasce dall’idea che tecnologia e creatività possano andare a braccetto per costruire oggetti fisici e digitali. E qui entrano in gioco i FabLab e i Makerspace, che sono spazi pensati proprio per favorire l’apprendimento attivo e la sperimentazione.
Valentino Curreri
Sì, e questi spazi possono essere molto diversi tra loro: dai laboratori super attrezzati con stampanti 3D e laser cutter, ai carrelli mobili con materiali di riciclo e strumenti semplici. L’importante è creare un ambiente dove gli studenti possano esplorare, sbagliare, imparare dagli errori e collaborare. Il making, infatti, mette insieme elettronica, design, artigianato… e permette di applicare le conoscenze in modo concreto.
Sandra Catellani
A proposito di ambienti stimolanti, mi viene in mente una visita che ho fatto qualche anno fa in un FabLab milanese. C’erano bambini che costruivano piccoli robot usando solo materiali riciclati: bottiglie di plastica, tappi, vecchi motori di recupero. Era bellissimo vedere come, partendo da oggetti di scarto, riuscissero a creare qualcosa di funzionante e originale. E la cosa più bella era la collaborazione: ognuno portava un’idea, un pezzo, una soluzione diversa.
Valentino Curreri
Questa è proprio la forza del making: l’apprendimento diventa multidisciplinare e immersivo. E, come dice il capitolo, non serve avere chissà quali risorse: anche con materiali semplici si possono fare esperienze significative. L’importante è la mentalità aperta e la voglia di mettersi in gioco.
Chapter 4
Fasi del making: dalla progettazione alla condivisione
Valentino Curreri
Sandra, il capitolo di Battistini descrive in modo molto chiaro le cinque fasi di un’attività di making: si parte dalla definizione del problema, poi si passa all’ideazione e progettazione, alla costruzione del prototipo, al test e miglioramento, e infine alla condivisione dei risultati. Ogni fase è fondamentale per sviluppare competenze come la collaborazione, il problem solving e la creatività.
Sandra Catellani
Sì, e mi piace molto l’idea che la condivisione sia l’ultimo passo. Presentare i propri progetti, ricevere feedback dai compagni, discutere le difficoltà e le soluzioni trovate… è un momento di crescita importantissimo. Ma, Valentino, secondo te come si può valutare il successo di un’attività di making? Non è facile, vero?
Valentino Curreri
No, non è affatto semplice. Non si tratta solo di vedere se il prototipo funziona o meno. Bisogna guardare al processo: quanto gli studenti hanno collaborato, come hanno affrontato i problemi, se sono riusciti a trovare soluzioni creative. A volte, un progetto che “fallisce” tecnicamente può essere molto più ricco dal punto di vista dell’apprendimento rispetto a uno perfetto ma fatto senza coinvolgimento. E qui, secondo me, la documentazione del percorso – foto, diari, video – può aiutare molto a valutare anche ciò che non si vede subito.
Sandra Catellani
Sono d’accordo. E poi, come dicevamo anche in altri episodi, la valutazione dovrebbe premiare la capacità di riflettere sugli errori e di migliorarsi, non solo il risultato finale. Il making, in fondo, è un viaggio, non una gara a chi arriva primo.
Chapter 5
Tinkering: imparare pastrocchiando
Sandra Catellani
E qui arriviamo al tinkering, che è forse la parte più “libera” e creativa di tutto il capitolo. Letteralmente significa “pasticciare”, ma in senso positivo: sperimentare, esplorare, inventare senza paura di sbagliare. Battistini lo descrive come un approccio basato sulla sperimentazione aperta, l’apprendimento informale e il pensiero divergente.
Valentino Curreri
Sì, e il bello del tinkering è che non servono strumenti sofisticati: bastano materiali semplici, anche di recupero. Pensa alle attività descritte nel capitolo: costruire una macchina con cartone, elastici e bottiglie di plastica, oppure realizzare circuiti morbidi con pongo e fili di rame. L’obiettivo non è seguire istruzioni precise, ma lasciare spazio all’immaginazione e all’errore.
Sandra Catellani
E l’errore, qui, diventa davvero un’opportunità. Valentino, tu hai un ricordo di una lezione in cui un errore ha portato a una soluzione inaspettata?
Valentino Curreri
Oh sì, e me lo ricordo ancora bene. Una volta, durante un’attività di tinkering, uno studente aveva collegato male un circuito e la sua “scultura luminosa” non si accendeva. Invece di arrendersi, ha iniziato a sperimentare con materiali diversi e, alla fine, ha inventato un interruttore fatto con una molletta da bucato. È stato un momento di svolta: tutti hanno capito che l’errore non era un fallimento, ma il punto di partenza per qualcosa di nuovo. Ecco, il tinkering insegna proprio questo: fidarsi delle proprie idee e non avere paura di provare.
Sandra Catellani
Bellissimo esempio. E, come dice il capitolo, il compito dell’insegnante non è dare tutte le risposte, ma creare un ambiente dove gli studenti possano esplorare liberamente e documentare il loro percorso.
Chapter 6
Micromondi digitali e creatività
Valentino Curreri
Torniamo un attimo ai micromondi digitali, che sono un altro tema forte del capitolo. Papert li definiva come ambienti di apprendimento dove si possono sviluppare idee di qualsiasi dominio, sperimentando in modo sicuro e creativo. Con strumenti come Scratch e Snap!, gli studenti possono costruire veri e propri mondi virtuali, collaborare, simulare fenomeni, raccontare storie…
Sandra Catellani
E la cosa interessante è che questi micromondi favoriscono sia la collaborazione sia l’esplorazione individuale. Si può lavorare insieme su un progetto, ma anche personalizzare il proprio percorso. E la simulazione, come sottolinea Battistini, permette di esplorare concetti complessi in modo intuitivo: dalla fisica alla narrativa, dalla matematica all’arte.
Valentino Curreri
Mi viene da dire che i micromondi digitali possono integrare benissimo le attività hands-on tradizionali. Non sono in competizione, ma si completano: si può costruire un oggetto fisico e poi simularne il funzionamento in digitale, oppure partire da una storia animata e trasformarla in un gioco da tavolo. L’importante è mantenere sempre il focus sull’apprendimento attivo e sulla creatività.
Sandra Catellani
Sì, e come abbiamo visto anche in altri episodi, la tecnologia non sostituisce la manualità, ma la arricchisce. L’importante è progettare attività che mettano insieme teoria e pratica, digitale e analogico, collaborazione e autonomia.
Chapter 7
Strategie per integrare coding, making e tinkering nella didattica
Sandra Catellani
Siamo arrivati alle strategie pratiche, che sono forse la parte più utile per chi ci ascolta. Il capitolo di Battistini offre tanti suggerimenti per progettare lezioni innovative: partire da problemi reali, proporre sfide aperte, favorire la collaborazione, documentare il processo… e soprattutto, creare un ambiente stimolante dove teoria e pratica si incontrano davvero.
Valentino Curreri
Sì, e non serve avere laboratori super attrezzati. Anche in una scuola primaria senza spazi dedicati, si può introdurre il tinkering allestendo un angolo con materiali di recupero, proponendo piccole sfide creative, lasciando che siano gli studenti a guidare l’esplorazione. L’importante è cambiare prospettiva: non più trasmettere conoscenze, ma costruirle insieme agli studenti.
Sandra Catellani
Guarda, ti racconto una strategia che ho visto funzionare: in una scuola primaria, l’insegnante ha creato una “scatola delle invenzioni” con materiali di ogni tipo – tappi, fili, cartoncini, vecchi giocattoli rotti. Ogni settimana, i bambini potevano inventare qualcosa di nuovo, documentare il processo e poi raccontarlo alla classe. Non c’era bisogno di un laboratorio, bastava la voglia di sperimentare e condividere.
Valentino Curreri
Bellissimo esempio, Sandra. E direi che è proprio questo lo spirito del capitolo: progettare una didattica che metta al centro l’esperienza, la creatività e la collaborazione. Coding, making e tinkering non sono solo tecniche, ma modi di pensare e di imparare insieme.
Sandra Catellani
E con questo, direi che possiamo chiudere qui il nostro episodio. Grazie a chi ci ha seguito, grazie a te Valentino per le tue storie e riflessioni. Ci ritroviamo presto con un nuovo capitolo del nostro viaggio nelle New Literacies. Ciao Valentino!
Valentino Curreri
Ciao Sandra, e grazie a tutti gli ascoltatori. Continuate a sperimentare, a costruire e a pasticciare: la scuola ha bisogno di creatività! Alla prossima!
