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[16] Inclusione Digitale e Competenze Mediali

Un episodio dedicato alle nuove competenze mediali per l’inclusione scolastica e sociale, con uno sguardo approfondito sull’identità digitale. Sandra e Valentino, tramite dialoghi generati da IA, esplorano i principi UDL, DigCompEdu e il ruolo critico della media literacy.


Chapter 1

New Media Literacies e Inclusione

Sandra Catellani

Ciao a tutti e bentornati a "Didattica delle New Literacies". Io sono Sandra Catellani, e con me c’è come sempre Valentino Curreri, i vostri AI-podcaster preferiti - spero.

Sandra Catellani

Oggi ci addentriamo in un tema che ha un grande rilievo nella scuola contemporanea: l’inclusione digitale e le competenze mediali.

Sandra Catellani

Lo facciamo avendo come guida il capitolo 15 del libro "Didattica delle New Literacies" curato da Pier Cesare Rivoltella e Chiara Panciroli.

Valentino Curreri

Si, Sandra, il capitolo 15, scritto da Luca Ferrari e Salvatore Messina affronta proprio il tema "New Media Literacies per progettare e promuovere l’inclusione".

Sandra Catellani

Bene Valentino, allora partiamo subito con una domanda che mi ronza in testa: cosa intendiamo davvero per New Media Literacies e perché sono così centrali per l’inclusione scolastica?

Valentino Curreri

Guarda, la definizione che danno Luca Ferrari e Salvatore Messina è molto chiara: le New Media Literacies sono quell’insieme di competenze che permettono a docenti e studenti di navigare, interpretare e produrre contenuti digitali in modo critico e consapevole. Ma la vera svolta, secondo loro, è che queste competenze non sono solo tecniche, ma anche sociali e culturali. E qui entra in gioco l’inclusione: se la scuola vuole essere davvero inclusiva nel 2025, deve adottare principi come l’Universal Design for Learning, l’Inclusive Design e il framework DigCompEdu.

Sandra Catellani

Sì, e il bello è che questi principi non sono solo belle parole. L’UDL, ad esempio, ci invita a progettare ambienti di apprendimento flessibili, dove ogni studente può trovare la sua strada, anche grazie alle tecnologie digitali. E il DigCompEdu, che ormai abbiamo citato mille volte in questa serie, offre una mappa concreta delle competenze digitali che ogni docente dovrebbe sviluppare. Ma, Valentino, secondo te, quali sono le competenze davvero indispensabili per una scuola inclusiva oggi?

Valentino Curreri

Eh, domanda da un milione di euro! Io direi che la competenza chiave è la capacità di leggere e produrre media in modo critico, ma anche di saper adattare strumenti e strategie alle esigenze di ciascuno. Non basta saper usare una LIM o un software: bisogna saperli integrare in una didattica che valorizzi le differenze e abbatta le barriere. E, come dicono Ferrari e Messina, serve un approccio olistico e multimodale, che tenga conto delle identità plurali degli studenti. Insomma, la scuola inclusiva del 2025 è quella che sa progettare per tutti, non solo per la media.

Sandra Catellani

Ecco, questa idea di progettare per tutti mi piace un sacco. E mi fa pensare che, come abbiamo visto anche in altri episodi, l’inclusione non è mai un punto di arrivo, ma un processo continuo di adattamento e ascolto. Ok, ma come si traduce tutto questo nella pratica? Forse la risposta la troviamo proprio nella media literacy...

Chapter 2

Media Literacy: Da decodifica tecnica a strumento critico

Valentino Curreri

Esatto, Sandra. La media literacy, come ci ricorda Buckingham già nel 2006, nasce come capacità tecnica di decodificare i media, ma oggi è molto di più. Butler, nel 2019, parla di media literacy come strumento di intervento critico e di inclusione sociale. E Ferrari e Messina sottolineano che la capacità di interpretare, valutare e creare contenuti mediatici è fondamentale per decostruire stereotipi e rappresentazioni distorte della diversità.

Sandra Catellani

E questo vale ancora di più per gli studenti con bisogni educativi speciali, i famosi BES. Spesso, come dicono anche Zhang e Haller, i media li rappresentano in modo stereotipato o paternalistico, rischiando di rafforzare visioni limitanti. Qui la media literacy diventa uno strumento di emancipazione: aiuta a riconoscere queste distorsioni e a produrre narrazioni alternative, più autentiche.

Valentino Curreri

Guarda, ti racconto un’esperienza che mi è rimasta impressa. In una classe con diversi studenti BES, abbiamo lavorato su un laboratorio di analisi critica delle pubblicità digitali. Prima abbiamo identificato insieme gli stereotipi, poi i ragazzi hanno creato delle loro campagne, ribaltando i messaggi discriminatori. È stato un momento di vero empowerment, perché hanno visto che potevano essere loro a cambiare la narrazione.

Sandra Catellani

Bellissimo! E mi viene in mente che, come dice il testo, la media literacy non è mai neutra: è un terreno dove si gioca l’inclusione o l’esclusione. Ecco perché serve un approccio critico, che vada oltre la semplice decodifica tecnica. Ma come si fa a distinguere tra rappresentazione autentica e stereotipata, soprattutto online?

Chapter 3

Critical Media Literacy e Empowerment

Valentino Curreri

Qui entra in gioco la Critical Media Literacy, che secondo Kellner e Share è la capacità di leggere i media in modo critico, analizzando le strutture di potere e le disuguaglianze. Per gli studenti BES, questo significa avere strumenti per decodificare i messaggi, esprimere la propria voce e partecipare attivamente al discorso pubblico. È un vero e proprio empowerment.

Sandra Catellani

E le strategie per promuovere rappresentazioni autentiche? Io penso che la scuola debba offrire spazi dove tutti possano raccontare la propria esperienza, magari attraverso progetti di narrazione digitale. Il testo cita strumenti come Canva o Book Creator, che permettono anche a chi ha difficoltà di esprimersi in modo creativo e accessibile.

Valentino Curreri

Sì, e aggiungo che è fondamentale lavorare anche sul contrasto ai bias culturali e alla disinformazione. Attività come il fact-checking intergenerazionale, dove studenti e famiglie verificano insieme le notizie, aiutano a sviluppare uno sguardo critico e a costruire una partecipazione civica autentica. Ma, Sandra, secondo te, come si fa a distinguere tra rappresentazione autentica e stereotipata online?

Sandra Catellani

Domanda difficile! Io direi che bisogna sempre chiedersi: chi sta parlando? Quali voci sono escluse? E soprattutto, c’è spazio per la complessità delle esperienze o si cade nei soliti cliché? Non è facile, ma la scuola può allenare questo sguardo critico, anche con piccoli esercizi quotidiani. E qui il ruolo del docente è davvero centrale.

Valentino Curreri

Sono d’accordo. E come dice il capitolo, la Critical Media Literacy non solo decostruisce i pregiudizi, ma permette agli studenti di diventare produttori attivi di contenuti, contribuendo a un discorso pubblico più equo e rappresentativo. Ecco, questo è il vero salto di qualità.

Chapter 4

Didattica Inclusiva Digitale: Progettare senza barriere

Sandra Catellani

E parlando di salto di qualità, non possiamo non citare il framework UDL, che ormai è diventato un punto di riferimento anche in Italia. L’Universal Design for Learning, come ci ricorda il testo, offre linee guida per creare ambienti di apprendimento flessibili, dove ogni studente può partecipare attivamente, sia individualmente che in modo collaborativo.

Valentino Curreri

Sì, e la versione aggiornata delle linee guida UDL, pubblicata nel 2024, mette ancora più al centro l’agentività dello studente, cioè la sua capacità di essere protagonista del proprio apprendimento. E qui il design inclusivo diventa fondamentale: progettare ambienti dove l’accesso e la partecipazione siano garantiti a tutti, indipendentemente da età o capacità.

Sandra Catellani

Guarda, ti racconto un esempio concreto. In una scuola primaria, ho co-progettato con le insegnanti un’attività UDL sulla narrazione digitale. Abbiamo usato Book Creator e Immersive Reader per permettere a tutti, anche ai bambini con difficoltà di lettura, di partecipare. Il risultato? Ogni bambino ha potuto raccontare la propria storia, scegliendo il formato che preferiva: testo, audio, immagini. È stato un modo semplice ma potente per abbattere le barriere e valorizzare le differenze.

Valentino Curreri

Bellissimo esempio, Sandra. E mi piace che tu abbia sottolineato la co-progettazione: il design inclusivo funziona solo se coinvolge direttamente chi vive la scuola ogni giorno. E, come dice il testo, bisogna sempre riconoscere l’esclusione, imparare dalla diversità e risolvere per uno, estendendo a molti. Solo così la didattica digitale diventa davvero inclusiva.

Chapter 5

DigCompEdu: Sei aree di competenza digitale per docenti

Sandra Catellani

E qui entra in gioco il DigCompEdu, il framework europeo che ormai è diventato la bussola per le competenze digitali dei docenti. Valentino, ci fai una panoramica delle sei aree?

Valentino Curreri

Certo! Le sei aree sono: risorse digitali, pratiche di insegnamento e apprendimento, valutazione, valorizzazione delle potenzialità degli studenti, inclusione e accessibilità, e sviluppo professionale. Ognuna di queste aree è pensata per aiutare i docenti a integrare le tecnologie in modo efficace e inclusivo. Ad esempio, l’area sull’inclusione digitale si concentra proprio sulla personalizzazione delle attività didattiche e sull’accessibilità delle risorse.

Sandra Catellani

E qui mi viene da chiederti: quali sono gli ostacoli principali che i docenti incontrano nell’adottare il DigCompEdu, soprattutto in classi eterogenee?

Valentino Curreri

Eh, ce ne sono diversi. Il primo è sicuramente la formazione: non tutti i docenti hanno avuto modo di sviluppare queste competenze in modo sistematico. Poi c’è la questione delle risorse: non tutte le scuole hanno accesso agli stessi strumenti digitali. E infine, c’è la sfida di adattare le attività alle esigenze di ogni studente, senza cadere nella trappola della standardizzazione. Come dice il testo, la competenza è un costrutto dinamico e legato al contesto, quindi serve flessibilità e capacità di adattamento continuo.

Sandra Catellani

Ecco, e forse la vera sfida è proprio questa: trasformare la tecnologia in uno strumento di equità, non di ulteriore esclusione. E qui l’Intelligenza Artificiale può giocare un ruolo interessante...

Chapter 6

AI e inclusione: opportunità e rischi

Valentino Curreri

Sì, l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando l’educazione, ma come sottolineano Ferrari e Messina, bisogna stare attenti a non cadere nel techno-ableism, cioè nell’idea che la tecnologia sia la soluzione magica a tutti i problemi dell’inclusione. In realtà, l’IA può essere un grande alleato, ma solo se progettata e usata in modo critico e partecipativo.

Sandra Catellani

Esatto. Gli strumenti di IA possono essere tutor intelligenti, sistemi predittivi, piattaforme personalizzate come Magic School o Magic Student, che aiutano a monitorare i progressi degli studenti e a suggerire strategie personalizzate. Ma, come dice il testo, spesso questi strumenti non sono pensati per gli studenti con BES e rischiano di escludere invece che includere, se non sono accessibili.

Valentino Curreri

Guarda, ho avuto modo di testare una piattaforma AI che supporta studenti con dislessia. Il sistema offriva sintesi vocale, traduzioni automatiche e interfacce adattative. I risultati sono stati positivi, ma solo perché abbiamo lavorato insieme agli studenti per adattare le funzionalità alle loro reali esigenze. È qui che il design partecipativo fa la differenza: coinvolgere chi userà davvero la tecnologia, invece di calarla dall’alto.

Sandra Catellani

Ecco, e questo vale anche per le scuole: bisogna evitare che l’IA diventi solo uno strumento di controllo o di standardizzazione. Deve essere un mezzo per valorizzare le differenze e promuovere una partecipazione attiva. E, come abbiamo visto anche in altri episodi, la tecnologia da sola non basta: serve sempre una riflessione pedagogica profonda.

Chapter 7

Identità Digitale: tra opportunità e sfide

Sandra Catellani

E parlando di differenze, non possiamo non toccare il tema dell’identità digitale. Valentino, tu come vivi la tua identità digitale? Anche se, va detto, noi siamo voci generate da un’Intelligenza Artificiale, ma i nostri dialoghi sono rigorosamente aderenti ai contenuti del capitolo, eh!

Valentino Curreri

Ahah, vero! La nostra identità digitale è un po’ particolare: siamo qui, ma non siamo qui... Però, scherzi a parte, il tema è serissimo. Il testo sottolinea che la differenza tra identità reale e online è sempre più sfumata, e i rischi di furto d’identità o di violazione della privacy sono reali. Per questo è fondamentale educare gli studenti a gestire consapevolmente la propria identità digitale.

Sandra Catellani

Sì, e ci sono strumenti che possono aiutare: autenticazione a due fattori, password manager, ma anche semplici regole di comportamento online. La scuola può fare molto per sensibilizzare su questi temi, magari integrando attività di media literacy che includano anche la gestione dell’identità digitale.

Valentino Curreri

E la domanda finale è: in che modo la gestione consapevole dell’identità digitale può favorire l’inclusione? Io credo che, se ogni studente impara a proteggere e valorizzare la propria presenza online, si sente più sicuro e partecipe, anche nei contesti digitali. E questo è un passo fondamentale verso una scuola davvero inclusiva, anche nel mondo virtuale.

Sandra Catellani

Assolutamente. E con questa riflessione chiudiamo l’episodio di oggi. Grazie Valentino per il confronto sempre stimolante, e grazie a chi ci ha seguito. Continuate a seguirci, perché il viaggio nella didattica delle New Literacies non è certo finito qui. Alla prossima!

Valentino Curreri

Grazie a te, Sandra, e grazie a tutti gli ascoltatori. Ci sentiamo presto, ciao!